
Amici carissimi. Ai miei scolari di quinta elementare leggevo spesso i racconti mensili del libro “Cuore” di Edmondo De Amicis. Quello a cui erano più affezionati era “Sangue romagnolo”, forse perché il protagonista del racconto era un ragazzo come loro. Una sera Ferruccio era solo in casa con la nonna paralitica delle gambe, perché il papà era andato a fare delle compere e la mamma lo aveva accompagnato con la sorellina Luigina. Pioveva, tirava vento. Mancava poco alla mezzanotte. La stanzetta era rischiarata da una piccola lucerna ad olio, come del resto ciò avveniva non molto tempo fa anche nelle nostre case di campagna. Ferruccio, quella sera, era rientrato tardi a casa, infangato, con la giacchetta lacera, e finanche con un bel livido in testa. La nonna appena lo vide lo rimproverò perché l’aveva lasciata sola in casa tutto il giorno. Se continui così, caro nipote, ti metterai per una cattiva strada. Avrai una brutta fine e pronunciò il nome di un ragazzo del paese che faceva il vagabondo e che era stato già due volte in galera. Aveva fatto morire di crepacuore la povera mamma. Ferruccio non ebbe il coraggio di chiedere scusa alla nonna e prometterle che non l’avrebbe mai più lasciata sola. Ad un tratto sentirono dei rumori provenienti dalla stanza accanto. Non erano le imposte scosse dal vento, erano due ladri che erano entrati in quella casa. Uno afferrò il ragazzo e gli mise una mano sulla bocca per non farlo gridare, l’altro puntò un lungo coltello alla gola della nonna. Erano venuti per rubare e infatti rubarono i pochi denari che la famiglia teneva nell’armadio. Prima di allontanarsi, però, la nonna conobbe uno dei ladri, il quale, si avventò col coltello alzato contro la nonna. Ma Ferruccio, gettato un grido disperato, s’era lanciato sulla nonna. La nonna si salvò. Ferruccio, il piccolo eroe, lentamente spirò sulle ginocchia della nonna.
Ma perché vi ho voluto raccontare l’episodio tratto dal libro “Cuore”? Perché un fatto simile si è verificato l’altro giorno in un paese degli U.S.A., solo che durante la rapina uno dei rapinatori è stato ucciso da un ragazzo, pure lui di 12 anni come Ferruccio, e che era in casa quella sera insieme alla nonna. Anche loro erano soli in casa e quando il ragazzo vide che la nonna era stata ferita alle gambe con un colpo di pistola subito corse in suo aiuto. Anche qui i ladri si erano introdotti in casa e incominciarono a minacciare la nonna e il ragazzo con una pistola. I malviventi volevano che la nonna rivelasse dove fosse nascosto il denaro e gli oggetti di valore e per spaventarla le spararono alle gambe. Allora, il nipotino, senza pensarci due volte intervenne per salvare la nonnina e sparò alcuni colpi di pistola contro i ladri ferendone uno mortalmente. Non è anche lui, come Ferruccio, un piccolo eroe? Sì che lo è. Ma se l’accaduto fosse successo in un paesino italiano il ragazzo sarebbe stato arrestato, processato e poi messo a marcire nelle patrie galere, per abuso di legittima difesa. Sarebbe passato da eroe direttamente ad un riformatorio e il padre del ragazzo avrebbe passato seri guai: arma non custodita.
Nel 2013, otto anni fa, una donna madre di un bambino piccolo, certamente inesperta e non una ladra di professione perché nel rubare un paio di pantofole di un negozio di Palermo non rimuove neppure l’antitaccheggio, per la prima volta in vita sua si allontana da un negozio con la merce nella borsa senza prima passare dalla cassa. Il padrone se ne accorge, viene fermata e chiama i Carabinieri. Le pantofole rubate avevano un valore di 19,99 euro. Pochi euro, per la verità. Ma la donna aveva commesso un reato anche se il valore della merce era esiguo. Per la legge la donna aveva commesso un reato e quindi doveva essere punita. La legge è uguale per tutti, c’è scritto nelle nostre aule dei Tribunali. Il proprietario poteva chiudere un occhio, poteva farne a meno di avvertire le Forze dell’ordine. Anche perché la donna si era subito pentita. Aveva ammesso il furto e in lacrime si era dichiarata pronta a pagare i 19,90 euro. Niente da fare. E’ stata denunciata e portata in giudizio. Chi ruba dovrà essere punito. Infatti la donna è stata condannata a 50 euro di multa e a un mese di reclusione. Dopo due processi, però, e dopo otto lunghi anni, la sentenza è stata definitivamente ribaltata per la tenuità del fatto. Io che non ho compreso il significato di tenuità mi sono preso la briga di andare a consultare il Dizionario della Lingua Italiana e così ho finalmente capito che il reato commesso dalla signora era tenue, lieve. Non si doveva condannare una persona solo per aver commesso un furto di appena quattro soldi. Quanti anni ci sono voluti per avere una condanna o una assoluzione definitiva per il furto commesso? Nelle altre parti del mondo e nei paesi civili pochi mesi direi. In Italia, invece, otto anni. Quattro anni di indagini, colloqui, verbali, udienze e quattro anni di processi impiegando ore ore nelle cancellerie dei Tribunali con lo sperpero del pubblico denaro. Per punire un ladro incallito? Un delinquente? Un camorrista? Uno spacciatore di droga? No, per un paio di pantofole rubate del valore di appena 19,99 euro. Le spese giudiziarie ammontano a circa 3.000 euro, senza contare le ore perse che sarebbero potuto servire per affrontare altri processi molto più importanti e più gravi. Chi le paga? Noi contribuenti, evidentemente. Processo che si poteva evitare, perché, come abbiamo visto, la donna era incensurata, inesperta, in lacrime aveva restituita la refurtiva e si era dichiarata pronta a pagare. La storia che vi ho raccontato, miei lettori carissimi, è apparentemente banale, ma finisce per rivelarsi invece emblematica, come riferisce Palermo Today, “per comprendere certi cortocircuiti della giustizia, che sembra accanirsi sui più deboli e arrovellarsi su questioni irrilevanti in un contesto di cronico intasamento dei tribunali”.
Conoscete tutti, amici miei carissimi, il detto calabrese. Non c’è bisogno che io ve lo traduca. Il detto si dice di chi si infila in ogni discussione, di chi è un incallito presenzialista che non si lascia sfuggire l’occasione di essere sempre presente. Colui il quale ha queste caratteristiche viene paragonato al prezzemolo, pianta aromatica per eccellenza, che le nostre donne usano sempre in cucina, in abbondanza, e si mette in quasi tutte le pietanze. Ecco, Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio dei Ministri dimissionario, come u petrusinu, presente in tutto. Ha occupato Palazzo Chigi per quasi tre anni senza passare per prima neanche dalle elezioni. E’ stato estratto dal cilindro di un comico di nome Beppe Grillo ed è stato catapultato a Roma per fare il Presidente del Consiglio. Per un anno ha governato insieme alla Lega di Matteo Salvini. Per un altro anno con il Pd di Zingaretti e a Leu di Fratoianni. Voleva governare fino alla scadenza della legislatura con i voltagabbana, con i responsabili, con i costruttori. In Parlamento si è rivolto a loro col grido disperato:- Aiutatemi! Salvatemi! Sono pronto a voltare pagina!- Il grido è stato accolto ma pochi sono stati i Senatori che lo hanno seguito. Non sono stati sufficienti per salvargli la poltrona. Alla fine si è dovuto dimettere. Ma non ha nessuna intenzione di ritornare al travaglio usato, a fare il Professore all’Università. Vorrebbe essere nominato almeno Ministro del nascente governo Draghi. La scorsa settimana si è presentato in televisione non nella più sobria sala di Palazzo Chigi ma in Piazza Colonna. Un tavolino farcito di microfoni e tanti giornalisti accalcati a debita distanza e ha fatto sapere Urbi et Orbi che lui ancora c’era e che ci sarebbe ancora stato: - Io ci sono, io ci sarò – e ha cercato di mettere pressione a Draghi nella scelta dei componenti del nuovo governo. Il Presidente dimissionario conosce bene la Costituzione Italiana, è un Professore di Diritto. Conosce certamente l’art. 92, il quale al secondo comma così recita:- Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri, e, su proposta di questo, i Ministri -. Caro Conte, quindi, per essere nominato Ministro non basta la tua disponibilità, dovrai essere preposto prima da Draghi e poi l’approvazione del Capo dello Stato. Stai tranquillo, stai sereno, non ci sarà nessuna proposta. Ma Conte non si dà per vinto. Vuole tornare in Parlamento al più presto, forse a Montecitorio a fare il Deputato. Si è dichiarato pronto a correre alle elezioni suppletive di Siena come candidato di tutto il centro sinistra e del M5S per il seggio lasciato libero da Padoan. Ma la sua eventuale candidatura agita le acque dei Dem. Che bel prezzemolino! Da Premier in un terzo Governo coi Voltagabbana a potenziale Ministro nel nuovo Governo Draghi. Niente di tutto questo. Allora Candidato Sindaco di Roma. Non ha fatto i conti con la Sindaca uscente Virginia Raggi che non intende fare un passo indietro. Allora almeno candidato alle prossime elezioni suppletive della Camera a Siena. Vedremo. Petrusino in ogni minestra. Quel che è certo non vuole mettersi da parte, non vuole sparire, non vuole cadere nell’oblio. Non vuole tornare a fare il Professore. Per non rischiare di essere una meteora della politica è pronto a correre per qualsiasi poltrona. Mi hanno detto che la Parrocchia della Madonna delle Grazie di San Pietro in Amantea ha messo a concorso la carica di sagrestano. Stipendio non molto alto. Vitto, alloggio, lavatura, imbiancatura e stiratura gratis. Se vorrà concorrere sono pronto a dargli tutte le informazioni. Non finirà certamente nell’oblio. Ancora oggi noi ricordiamo con tanto affetto il caro e indimenticabile sagrestano Cumpà Stefano Sconza. Occuperà onorevolmente il suo posto, ma non sarà, mi dispiace, Onorevole.