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gigino nuovaCarlo Collodi scriveva: “Mangiafoco chiamò in disparte Pinocchio e gli domandò: ‘Come si chiama tuo padre?’. ‘Geppetto’. ‘E che mestiere fa?’. ‘Il povero’. ‘Guadagna molto?’. ‘Guadagna tanto, quanto ci vuole per non aver mai un centesimo in tasca’”.

Geppetto lavorava, ma non riusciva a scrollarsi di dosso la miseria: allora come oggi lavorare non libera dalla fame. 

Collettivamente i poveri sono inafferrabili. Oltre a essere la maggioranza del pianeta, sono dappertutto e anche il più piccolo evento parla di loro. Ecco perché oggi l’attività fondamentale dei ricchi è costruire muri: muri di cemento, sorveglianza elettronica, sbarramenti di missili, campi minati, controlli di frontiera, e gli schermi opachi dei mezzi d’informazione.

I luminosi vecchi tempi, son tornati a splendere di nuovo; mentre le lacrime inondano il Paese. Si avranno briciole di pane per il suddito umano. Mentre il potente sfodererà la spada "Se son ricco ho paura di diventare povero perché non voglio provare quella inaccettabile sofferenza". Questa frase, sentita in una sala cinematografica canadese, mi ha riportato a qualche anno fa mentre ero a Venezia col direttore di Rai Tre per seguire il festival del cinema.

Stavo giocando a golf con un ricco signore, che indossava pantaloni alla zuava, calzettoni di raffinato filo scozzese, maglioncino di cashmere e scarpe da golf personalizzate e il ponpon sulle mazze di radica di legno. Il distinto signore aveva deciso di erudirmi dicendomi: "Carissimo giovane amico, ragionare su una percezione tattile ha finalmente fornito la vera forma della ricchezza e della povertà, intesa esattamente come segno.

Esistono, infatti, tessuti che universalmente sono riconoscibili come “ricchi”, preziosi, associati alle situazioni di agiatezza economica. In essi l’elemento decorativo è riconoscibile e similare agli ornamenti dei palazzi, delle ville, delle cornici, dei gioielli. Con un rovesciamento della medaglia anche la povertà ha i suoi tessuti e i suoi motivi decorativi, molto diversi, generalmente lineari e geometrici, a volte narrativi, ma sempre estremamente riconoscibili.

Dunque, facile sotterrare la dignità di esseri umani anonimi e invisibili, sui quali nessuno ha interesse a investire. Bisogna isolarli, sempre più, con salari bassi, senza protezione, facilmente ricattabili, diventando diffidenti e risentiti, si la guerra tra poveri, impauriti, indifesi, disperati, abbruttiti, Dovranno consegnarsi a mani alzate a quello sviluppo senza regole così come è richiesto dal sistema finanziario internazionale.

La manipolazione di specie animali, quali scimmie e soprattutto scimpanzé ed oranghi è cosa già nota, se non al grande pubblico, alla cerchia degli scienziati dello specifico ambito. Fin qui, sorvolando ed eliminando qualsiasi considerazione etica e morale, tutto bene, sorge però un problema circa il ruolo dell’essere umano all’interno di questa nuova società, evidentemente non sarebbe possibile mantenere gli assetti sociali odierni.

Con l’introduzione di una nuova specie è il crescente disimpegno degli esseri umani dalle mansioni ordinarie e di più basso livello, a favore della nuova specie, inevitabilmente implica la necessità di diminuire il numero degli umani, in particolar modo quelli appartenenti alle fasce sociali più basse in quanto e soprattutto, per una questione economica ma anche politica, risulterebbero in surplus rispetto ai nuovi assetti sociali.

Dunque, il sistema di potere sta sperimentando nuove vie per sbarazzarsi di un po' di umanità in eccesso." Mi raccontava tutto questo, osservando il mio blu jeans e la Tshirt di "fruit of the loom" come abbigliamento stravagante di qualche suo simile e non come un semplice programmista regista di Rai salariato che, non facendo colazione nel lussuoso albergo, riusciva a pagarsi, con quei soldi, il taxi, il costo del campo da golf e la colazione presso la Club House.

Al ritorno verso l'albergo ripensavo a tutto ciò che mi era stato raccontato. Il mio pensiero andò a l’effetto serra alla sovrappopolazione della Terra e ad un detective newyorchese che investigava su alcuni omicidi strettamente legati alla carenza di cibo nel film “Soylent Green” con Charlton Heston e Edward G Robinson, e al genere umano che veniva “sfoltito” e sostituito da docili, obbedienti, ciecamente fedeli schiavi, avulsi da qualsivoglia aspirazione, con qualche piccolo desiderio, fatto da un prato verde proiettato su di uno schermo con sullo sfondo le note di Beethoven, in cambio di diventare pasticca di cibo verde per quelli che rimanevano sulla Terra.

Con il passare degli anni l’immagine del meridionale povero, pericoloso e portatore di malattie è stata sostituita da quella dell’immigrato magrebino: sempre povero, sempre pericoloso e sempre portatore di malattie. Così una bella fetta degli “italiani” descrive il nordafricano.

Gigino A Pellegrini & G elTarik

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tttpppFatima dopo aver messo nero su bianco la sua storia di adozione che dalla lontana Lituania l’ha portata a rivivere in Italia insieme alla sorella, è impegnata in un progetto ambizioso e impegnativo. L’ 11 di settembre è stato uno giorno importante, una piacevole tappa perché dopo l’enorme riscontro che la stampa le ha riservato, Caterina Balivo la nota conduttrice del nuovo programma su Rai Uno “La Volta Buona” l’ha voluta presente nel suo salotto riuscendo a fargli rivivere delle emozioni straordinarie. Hanno toccato i vari punti del suo percorso di vita travagliata che oggi a 25 anni appena compiuti ne è la testimone dimostrando l’impegno come promotrice. Di risorse credo ne abbia da vendere dato che dalla sua esperienza vuole estrapolare l’essenza migliore, vuole tramandare un messaggio positivo per tanti e tante come lei che si trovano nella stessa situazione ecco perché dopo quasi tre mesi di ricerca assidua quanto minuziosa è riuscita a creare un team di tutto rispetto fatto da professionisti: psicologhe, legali , professori e altre figure, in tutto sono 15 a reggere questo progetto e con Fatima che è la fondatrice e amministratrice gestiscono un giornale adoptlife.info sul quale quotidianamente vengono pubblicati degli articoli afferenti alle adozioni, rapporti umani, aspetti anche legali che riguardano l’ adozione. Per Fatima lo spazio creato per dare voce a chi non è ha deve essere come un faro a chi si trova in balia delle tempeste dell’opinione pubblica quanto mediatica, dove una società definita moderna è pronta subito ad additare certi epiteti screditando soggetti che purtroppo si ritrovano da soli per motivi svariati che non hanno nessuna colpa se non il fatto di essere stati abbandonati al loro destino. Serve amore in qualunque forma non possiamo credere che a un essere umano che abbia avuto un passato avverso deve essere prevaricato il diritto di condurre una vita normale avere quella base di rapporti umani che sono anche fulcro nella crescita e nella stabilità di ogni individuo ribadisce Fatima. Gli appuntamenti per lei non sono terminati dopo l’invito della Balivo anche il 2 di Novembre è stata ospite su Rai Uno in compagnia di Papà Giuseppe nella trasmissione dei “Fatti vostri” condotta da Tiberio Timperi e ogni settimana sarà presente con la propria rubrica ”La voce degli adottati” su Radio Azzurra. Quindi il suo impegno nel promuovere il tema dell’ adozione non arretra di un centimetro pianificando insieme al suo team altri progetti. Ad oggi stanno lavorando ad una rivista digitale per dare più visibilità possibile ad un argomento di grande importanza dove l’Italia è seconda solo agli Usa come adozioni, in 18 anni ha accolto 46000 bambini circa. Fatima ne va orgogliosa mettendo a nudo tutto il suo passato e spera che con il tempo possa sensibilizzare più persone possibili ad aprire mente e cuore vedendo aprire uno spiraglio di luce a chi comeleinon è stato cosi fortunato. Basta crederci con tanti sacrifici i risultati non esiteranno ad arrivare.

Giuseppe Ierace

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Incidente TrevisoMorire a 26 anni è una tragedia. Eppure ancora in Italia e nel mondo ogni giorno si verificano morti sul lavoro. Siamo costretti a piangerli, a scrivere, a raccontare le loro storie. L’altro giorno è toccata ad una operaia di Pieve di Soligo, nel Trevigiano, che lavorava in una industria alimentare. Si chiamava Anila, aveva 26 anni. Un altro operaio è morto a Ravenna. L’operaio di Ravenna e la 26nne di Pieve di Soligo, come fanno tutti gli operai di questo mondo, si erano alzati presto la mattina per raggiungere in tempo il posto di lavoro. Avevano certamente preparato una tazzina di caffè con la moka. Avevano certamente dato un bacio come si fa prima di andare a lavorare ai propri familiari. Forse si erano fermati un po’ al bar vicino la fabbrica e con gli amici avevano preso un cornetto o e un caffellatte. Avevano discusso dei fatti del giorno, dello sciopero imminente, della iniziativa presa da Salvini e dei dinieghi di Landini, del gol fatto dall’interista De Marco da oltre 50 metri di distanza trovando impreparato il portiere avversario, avevano parlato del tempo atmosferico che cambia continuamente e della alluvione della Toscana. E poi? E poi sono andati incontro alla morte. Morti innocenti, papà, mamme, vecchi e giovani, che hanno lasciato i loro figli, le loro moglie e i loro mariti a casa e non sono più tornati. Sono tornati ma sigillati in una cassa di legno. Alcuni morti soffocati dentro le cisterne che volevano pulire, altri caduti da una impalcatura, altri ancora schiacciati da una lastra di marmo o di acciaio, altri ancora investiti per sbaglio da un compagno mentre faceva marcia indietro col carrello carico, altri che hanno toccato i cavi elettrici e sono stati folgorati dando loro nessuno scampo, altri che vengono colpiti dalle ruspe e infine altri che vengono sommersi dal fango e dalle pietre mentre intenti a pulire un fossato. Ogni mattina nelle nostre fabbriche, nei nostri cantieri, nelle nostre officine muoiono due operai. E’ colpa loro se muoiono? Spesso si è parlato di disattenzione, di fretta, di casualità, di inesperienza. Se fosse davvero così basta mettere operai esperti sui posti di lavoro e si facciano lavorare su dei macchinari pericolosi. Ma tutti i macchinari se non vengono maneggiati con cura sono pericolosissimi. Anyla, la ragazza di 26 anni, non era una sprovveduta, era una lavoratrice esperta. Da tempo lavorava nella fabbrica ed era anche vicedirettrice. Non si sono ancora capite le cause della tragedia che sono ancora in corso di accertamento da parte dei Carabinieri. Come ha fatto a rimanere incastrata con la testa in uno dei macchinari della fabbrica? Morti, morti, tanti morti nel corso dell’anno e centinaia di incidenti gravi e meno gravi sul lavoro. Troppi sono, se ne parla solo per pochi giorni, poi il silenzio. Il posto di lavoro dovrebbe essere un posto sicuro come lo è la nostra casa o come lo sono le scuole che frequentano i nostri figli e i nostri nipoti. Dovrebbe essere il posto più sicuro al mondo. Invece ogni giorno gli operai la mattina si alzano, lasciano le loro abitazioni e nel pomeriggio non fanno più ritorno nelle case. Molte cose evidentemente non vanno per il verso giusto. E’ giunto il momento di rivedere qualcosa, aggiornare, modificare se necessario manutenzione e sicurezza. E più controlli da parte degli ispettori. Aumentare le ispezioni e sanzionare il datore di lavoro che viola i diritti del lavoratore e che ancora usa nelle fabbriche macchinari pericolosi e obsoleti.

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I Racconti

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