
Bova Marina è un Comune di circa 4.179 abitanti, paesino della zona jonica di Reggio Calabria. Ora è al centro della cronaca.
I dipendenti comunali sono in numero di 25, 22 dei quali sono stati indagati dalle Forze dell’Ordine e dalla Magistratura per assenteismo.
Il 28 maggio scorso per 5 di essi furono presi i provvedimenti cautelari.
Oggi altri 7 impiegati sono stati sospesi dal servizio sempre per i soliti motivi: assenteismo.
Ma è possibile che ancora oggi si ripetano fatti così eclatanti che non solo fanno arrabbiare la popolazione ma anche i tanti giovani in cerca di lavoro?
Non si accorgono che mettono in cattiva luce le amministrazioni in cui prestano servizio?
E così facendo i loro Comuni vanno a finire in prima pagina e i commenti si sprecano.
Hanno dunque in parte ragione quando qualcuno ci accusa che noi calabresi siamo imbroglioni e scansa fatica.
E ogni santo giorno leggendo i giornali regionali e nazionali apprendiamo che molti impiegati abbandonano il proprio posto di lavoro e si recano per ore e ore a casa, al bar, dal meccanico, nei supermercati e alcuni addirittura svolgono altre attività molto remunerative.
E’, purtroppo, una cronica, diffusa e generalizzata abitudine che nessuno ancora è riuscito a sconfiggere e debellare.
E’ un cattivo sistema di malaffare, così scrivono i Carabinieri e la Guardia di Finanza,quando scoprono questi impiegati e funzionari infedeli che invece di svolgere funzioni pubbliche si allontanano per motivi personali dagli uffici evitando di timbrare i cartellini in modo da non far risultare i periodi di assenza dal lavoro.
Ma in un Comune piccolo o di media grandezza tutti si conoscono e tutti sanno quello che gli impiegati fanno o non fanno.
E’ difficile sfuggire alle indagini. E così anche a Bova Marina un numero record di impiegati è finito sotto inchiesta.
E 12 di essi, per ora, sono stati accusati dalla magistratura di truffa aggravata e continuata ai danni dell’Ente pubblico, di false attestazioni o certificazioni.
E’ scattata anche l’interdizione dai pubblici uffici in via cautelare.
Addirittura 2 impiegati del Comune dovranno rispondere pure di peculato in quanto usavano le auto del Comune per scopi privati.
Ma se davvero vogliamo combattere l’assenteismo non basta l’interdizione, dopo un mese, due mesi gli impiegati infedeli li troviamo ancora una volta agli stessi posti.
Ci vuole il licenziamento.
Punto. Devono perdere il posto di lavoro.
Forse così chi rimane negli uffici capirà che senza un valido motivo non si può allontanare dall’Ente in cui presta servizio e assentarsi in modo ingiustificato al solo fine di sbrigare faccende personali.
Si sono così giustificati. Così fan tutti e così abbiamo sempre fatto.
Ma se tutti facessero davvero così sarebbe meglio chiudere gli uffici comunali e mandare definitivamente a casa tutti gli impiegati.
Potrebbero, a fine mese, riscuotere lo stipendio tranquillamente alle Poste Italiane.
Altri sette dipendenti del comune di Bova Marina, nel Reggino, sono stati sospesi dal servizio.
I provvedimenti cautelari si aggiungono agli altri cinque già deliberati il 28 maggio scorso nel comune del reggino
Bova è passata alla storia della Pubblica amministrazione perché su un totale di 25 dipendenti 22 sono stati indagati per assenteismo dopo un'attività di pedinamento e controllo svolta dalla Guardia di Finanza.
La sospensione va da 30 e i 60 giorni,
L'ordinanza è stata emessa dal Gip del tribunale di Reggio Calabria, Davide Lauro, ed è stata eseguita dai finanzieri della compagnia Melito Porto Salvo.
Le ipotesi di reato per i dipendenti sospesi sono false attestazioni o certificazioni nell'utilizzo del badge da parte di pubblici dipendenti, di truffa ai danni dell'ente comunale e interruzione di servizio pubblico.
Oltre agli accertamenti documentali delle presenze giornaliere acquisiti presso l'ente, l'indagine si fonda sulle immagini acquisite all'interno e all'esterno dei locali del municipio mediante il monitoraggio visivo dell'orologio marcatempo per la rilevazione delle presenze giornaliere e su un'attività di osservazione, pedinamento e controllo eseguita dai finanzieri.
Un migrante è morto, uno è rimasto ferito e l’altro è riuscito a nascondersi e mettersi in salvo in seguito ad alcuni colpi di arma da fuoco sparati da un uomo di carnagione bianca ancora non identificato sabato sera intorno alle 21,30.
L’uomo rimasto ucciso si chiamava Sacko Soumali, di anni 29, originario del Mali e viveva nella tendopoli di San Ferdinando e aveva deciso di aiutare due suoi connazionali a raccogliere alcune lamiere in una famosa fornace abbandonata per le loro baracche.
La sparatoria, secondo il racconto di uno dei sopravvissuti si è verificata in un vecchio stabilimento abbandonato nelle campagne di San Calogero, Vibo Valentia.
Un uomo è sceso da una Panda bianca vecchio modello e dalla distanza di circa 100 metri ha incominciato a sparare contro i tre migranti per ben 4 volte.
Nella sparatoria un uomo è morto colpito alla testa.
I soccorsi sono stati vani.
E’ morto all’ospedale di Reggio Calabria.
L’altro è stato leggermente ferito ad una gamba.
Le Forze dell’Ordine stanno indagando e stanno cercando di ricostruire la dinamica della sparatoria.
Dalle prime indagini si presume che sia stata una vendetta il motivo che ha spinto l’uomo bianco a sparare contro i tre inermi migranti di pelle scura.
L’arma non è stata ancora ritrovata.
Si presume sia stato un fucile.
Gli investigatori, comunque, hanno fatto sapere che è errato parlare di furto, perché non esiste nessun proprietario che possa rivendicare l’asportazione del materiale sottratto.
Come è errato e da escludere parlare di pista xenofoba perché l’assassino non conosceva i migranti e non conosceva l’impegno sindacale della vittima.
Era un attivista dell’Unione Sindacale di Base, in prima fila nelle lotte per i diritti sindacali e sociali, tante volte calpestati, dei braccianti che lavorano nella piano di Rosarno e di Gioia Tauro nella raccolta dei kiwi, delle arance e dei clementini.
I tre migranti erano regolarmente residenti in Italia e vivevano nella vicina tendopoli di San Ferdinando che qualche mese fa è stata parzialmente distrutta da un incendio in cui perse la vita un altro migrante.
Secondo i piani della Prefettura avrebbe dovuto essere sgomberato e distrutto e i braccianti trasferiti in un nuovo accampamento.
Piani che non sono mai partiti.
C’è rabbia e disperazione tra i migranti e anche grande preoccupazione in Prefettura.
Si temono sommosse.
Il Sindacato in cui militava il povero migrante ucciso ha diffuso un comunicato e se la prende col nuovo Ministro degli Interni Sen. Matteo Salvini affermando che la sua dottrina ha fatto scorrere il primo sangue in Calabria ( La terra in cui il 4 marzo scorso lo ha eletto al Senato della Repubblica Italiana).
Per il Sindacato è stato un tiro al bersaglio contro lo straniero, contro il nero cattivo da rispedire nel paese d’origine.
Esagerato!
Il Ministro ha le sue idee riguardanti l’emigrazione e gli sbarchi giornalieri nelle nostre coste,però ancora non ha preso possesso del suo Ministero , non ha ricevuto la fiducia dal Parlamento e non ha dato nessuna direttiva.
Ha così commentato il triste episodio il Ministro, accusato ingiustamente per la morte del povero migrante:- Non è mai la violenza a risolvere alcuni tipi di problemi.
Voglio lavorare affinché siano rispettate le leggi o per cambiare le leggi che premiano i delinquenti e puniscono le persone per bene-.