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linguaLa regione Calabria, è governata da una maggioranza mediocre con un presidente mediocre, che voleva elaborare un progetto comune, capace di risollevare la Regione dal baratro in cui è sprofondata in questi ultimi decenni. Questo potente gruppo ha cartellinato donne ed uomini forti e capaci, che "conoscono" i problemi del territorio e che si identificano con la maggioranza, purtroppo, dei calabresi.

Questo gruppo se ne va in giro a dire ai quattro cantoni che bisogna dire basta a quelli che l’avevano preceduto logorati dalla propria inettitudine politica ed incapacità amministrativa.

Questi sapientoni hanno indossato gli abiti degli onesti, i meritevoli, i capaci. Stanno diffondendo il verbo, tramite il loro Sparaballe digitale e non, che la Calabria ha bisogno di donne ed uomini volenterosi ed appassionati per mandare a casa quegli inquietanti personaggi che non solo avevano distrutto la regione ma che avevano addirittura la faccia tosta di riproporsi all’elettorato immaginando che i calabresi avessero la memoria corta, come di fatto hanno. Un gruppo straordinario di salvatori della Calabria.

Gli uomini e le donne di quest'ultima corsa al potere si sono presentati come la nuova classe dirigente, che si sarebbe operata a favore dei disagiati, dei senza casa e senza lavoro, delle famiglie povere. Gli stessi dicono di aver individuato i “percorsi” e i progetti che consentiranno alla Calabria di ritrovare il suo antico e nobile ruolo di “guida”, facendo sentire la propria autorevole voce a Roma, e garantire un futuro certo e dignitoso ai propri figli.

Per far questo i mediocrati hanno avuto bisogno del concorso di tutti quelli che erano stanchi delle malefatte amministrative precedenti e avevano a cuore la nostra bellissima ed amata “terra". Ogni tanto sfoggiano il loro sconfinato amore per la Calabria e sono certi che la targa automobilistica KR sta per Cremona.

Una delle prime cose che i “nuovi” mediocrati dovevano mettere in atto dopo le elezioni sarebbe stato quello di allontanare dalla politica chiunque stava loro sulle scatole, preparando il terreno a un consiglio regionale dove continuano a regnare indisturbati gli incompetenti. E’ vero, non è simpatico quello che sto dicendo. Ma io tra la simpatia e la sincerità, se devo scegliere, scelgo la seconda.

L’essere parziali, l’essere omissivi, l’essere generici e sfuggenti, l’essere realisticamente prudenti nel non pestare i piedi a chi conta e può influire anche sul loro destino nel valutare distanti scostanti e sprezzanti persone “esplosive” ma marginali, a “teste calde” non sprovviste di capacità e mezzi per minacciare gli establishments costituiti, per alterare determinati equilibri politici e culturali, per contribuire ad invertire radicalmente taluni processi di partecipazione alla ricerca scientifica e culturale, di acquisizione e distribuzione del sapere oltre che del potere e della ricchezza. Questo è l’identikit del perfetto mediocre sapientone, preparato, competente, funzionale alla conservazione di una società, mediocre per l’appunto, in cui la sua condizione sociale e il suo prestigio professionale sarà insidiato il più debolmente possibile.

Quale è il significato di tutto ciò? Forse esprime la volontà che egli, sia pure in forme discrete o nascoste, abbia accettato piccoli o grandi compromessi utili al perseguimento di obiettivi a breve termine, sottomettendosi a regole odiose e tralasciate come quella di chiudere gli occhi e tacere di fronte a tante ingiustizie visibili e reali.

Il “nuovo” presidente della Regione Calabria, esprime giudizi completamente inattendibili per motivi che nulla hanno a che fare con quello che sarebbe dovuto essere il maggiore distintivo dell’intellettuale in genere, ovvero la sua onestà intellettuale, o ancora come quella per cui si tende a promuovere in senso lato non ciò chi ha a che fare con una reale produttività e con il merito ma solo con ciò che può essere utile e conveniente per se stesso e per il proprio gruppo di riferimento.

La realtà è che lo abbiamo sempre saputo: siamo dei mediocri componenti di una comunità mediocre. Tempo di scandali? Corruzione? Macché! Per noi solo robetta di quart’ordine. Dobbiamo accontentarci dei ravvedimenti operosi del Rais.

La regione Calabria, dove sono nato è diventata autoreferenziale. Sembra una barca sfasciata, che fa acqua da tutte le parti. Probabilmente stanno cercando maldestramente di aggiustarla, ma non riescono neanche a farcelo sapere. C’è una qualche politica sociale? L’assistenza è stata ridotta? I progetti di sviluppo dove sono? Qualche politica di indirizzo si avverte? Abbiamo accordi sensati con privati che vogliono investire? E uno straccio di discussione pubblica su questo lo vedremo mai?

I presidenti di regione che negli anni si sono alternati alla “guida” della Calabria mi ricordano Giampiero Ventura: un allenatore mediocre. Lo era anche prima di essere ingaggiato come c.t. della Nazionale azzurra di calcio. Ha continuato ad esserlo ancora di più dopo quella esperienza. Prima, a parte Pisa, Torino e forse Bari, non si ricordano grandi performance in panchina del mediocre Ventura.

Gigino A Pellegrini & G elTarik

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livellaCaro Totò, è un calabrese piccolo piccolo che ti scrive per dirti che hai sbagliato: non sempre la morte è una livella. Tu ci avevi fatto credere in quella stupenda poesia che la morte è uguale per tutti e che quando un Re, una Regina, un Principe, un Marchese, un magistrato, un grande uomo da morto varca il cancello del cimitero ha perso tutto, la vita e pure il nome. Mi è venuta in mente la mirabile poesia, caro Principe De Curtis, assistendo in televisione ai fastosi funerali della Regina Elisabetta, morta dopo 70 lunghi anni di regno. Per salutare la tanto amata Regina del Regno Unito il popolo Britannico si è messo in fila per ore e ore e ai solenni funerali hanno partecipato tutti i grandi della terra escluso il Ras Russo Putin. Non è stato invitato. Erano presenti le teste coronate di tutto il mondo, Presidenti di Repubblica e Primi Ministri. L’Italia è stata rappresentata dal nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella accompagnato dalla figlia. Quando muore un Re, una Regina, un Capo di Stato assistiamo a funerali solenni e i giornali di tutto il mondo per giorni e giorni riempiono le prime pagine e alcuni giornalisti si presentano in video addirittura indossando abiti scuri. Muore in mare un immigrato che aveva lasciato la sua amata terra per trovare una vita migliore, un operaio edile caduto da una impalcatura, un metalmeccanico schiacciato da un muletto, un bracciante agricolo stritolato da un trattore, i giornali solo per un giorno dedicano nelle pagine interne solo poche parole. A Londra funerali di Stato, fiori fiorifiori in grande quantità, per i naufraghi dei nostri mari neppure un fiore, forse una semplice benedizione di qualche sacerdote o un De Profundis dei volontari della Croce Rossa. La Regina è stata seppellita accanto all’amato marito Principe Filippo nella Cappella di San Giorgio a Windsor. I nostri migranti nella nuda terra con una piccola croce di legno recante appena il nome e il cognome. E qui mi sovvengono alcuni particolari di tantissimi anni fa. Quando nel mio paese moriva un nobile, un possidente, un signore, il sagrestano portava in processione una Croce dorata e poi venivano seppelliti nelle cappelle di famiglia o nelle cappelle delle varie confraternite. Moriva un povero, un derelitto, il sagrestano portava una Croce di legno e poi il corpo veniva seppellito nella nuda e fredda terra con una piccola croce in ferro battuto recante soltanto un numero. “Abbandunata senza mancu un fiore, senza mancu nu luminu”. Vedi, caro Principe Totò, la morte non è sempre davvero una livella, è solamente una utopia. Caro direttore, fantasticavo sti pensieri dopo aver letto alcuni post su Facebook.

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set cuoreUn ebreo tunisino, il filosofo Fabrice Hadjadj, convertito al Cattolicesimo, qualche tempo fa ha scritto: “Quando mi avvertiranno che alla fine del mondo non manca che un solo anno, non rinuncerò ad amare mia moglie, ad avere con lei un altro bambino, a fare scoprire agli altri miei cinque figli la poesia di Dante… Perché so che questa vita non serve per avere un futuro ma perché ciascuno abbia la vita eterna.” Non tutti, però, credono ad una vita oltre la morte.
In tanti ormai parlano apertamente su come le tecnologie informatiche possano generare dipendenza e fare male all’unica vita che abbiamo e come tutto ciò stia cambiando l’essere umano in peggio disumanizzandolo.

Non molto tempo fa il filosofo francese Michel Foucault prestava una particolare attenzione al potere e al controllo sociale in sociologia, coniando il termine di biopolitica della popolazione. Oggi, però non abbiamo più a che fare con una “popolazione” bensì con uno sciame digitale, con una massa digitale che i potenti della Terra controllano e governano.

L’analisi del potere di Foucault valeva soprattutto per una società che si fondava sulla repressione: ospizi, manicomi, prigioni, caserme e fabbriche erano gli istituti della società. Al suo posto è subentrata una società di tutt’altro tipo, vale a dire una società composta di centri commerciali, palestre, centri yoga e tutti gli aspetti della nuova tecnologia. Questo mi ha condotto ad avere la netta sensazione che la “libertà” che ha segnato la mia generazione altro non sia che un qualcosa che si riduce a un’apparenza asservita agli scopi del lavoro. Il tele-lavoro, la raggiungibilità universale garantita dagli smartphone e dai computer portatili garantiscono la continuità del lavoro, dal quale è sempre più difficile separarsi. Lo smartphone è diventato una forma di campo di lavoro. L’uomo con il suo smartphone, che prometteva libertà, si porta dietro un campo di lavoro.

Sarebbe necessario impostare una lotta per favorire lo sviluppo di una visione del mondo per migliorare la vita nelle società tecnologiche occidentali. Infondere una percezione della vita e della morte e integrare il bisogno umano di espressione creativa.

Non intravvedere il ruolo umano come il dominatore di altre specie della biologia planetaria, ma come integrato, armonizzato nel mondo naturale con l'apprezzamento per la sacralità di ogni vita. Favorire la creazione di macchine, tecniche e organizzazioni sociali che rispettino sia la dignità umana che l'integrità della natura. Abbiamo un mondo da conquistare. Ciò che non possiamo ignorare è che quello che ci viene concesso di utilizzare delle nuove tecnologie, sono le briciole, le rimanenze del luculliano pasto quotidiano dei potenti della Terra.

 

Gigino A Pellegrini & G elTarik

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